La ricerca del Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi – Università di Torino
L’accumulo di depositi o detriti cellulari impedisce, anche negli organismi sani, il buon funzionamento delle cellule. Nella malattia di Alzheimer il meccanismo di degradazione che normalmente garantisce il ricambio cellulare è alterato, ma ad oggi non era chiaro il meccanismo molecolare che impedisce alle cellule malate di smaltire i ‘rifiuti’, che blocca cioè il normale processo di autofagia provocando uno stato di sofferenza.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Autophagy, è nato nei laboratori del NICO l’Istituto di Neuroscienze della Fondazione Cavalieri Ottolenghi – Università di Torino con sede a Orbassano, ma è frutto di una collaborazione a livello nazionale e internazionale. Hanno infatti partecipato – oltre al Dipartimento di Scienze Biologiche e Cliniche dell’Università di Torino – ricercatori dell’Università di Catania, Genova, Losanna e della Columbia University di New York.
“Grazie a questo studio abbiamo aperto la strada a nuove ricerche – commentano le ricercatrici del NICO – occorre infatti indagare i meccanismi molecolari che rallentano lo smaltimento di ‘rifiuti’, così da favorire il processo di ricambio cellulare di tipo ‘positivo’ e frenare lo sviluppo dell’Alzheimer. Questi risultati – che confermano l’importanza della ricerca di base – potrebbero aiutare a disegnare nuove terapie che possano curare, o almeno alleviare i sintomi di questa terribile malattia”.
A causa dell’aumento dell’aspettativa di vita, la malattia di Alzheimer – che colpisce prevalentemente la popolazione anziana – diventerà un problema sempre più pressante. Almeno 1 milione di Italiani soffrono di questa patologia e senza nuove scoperte questo numero è destinato a rappresentare solo la punta dell’iceberg.
Didascalia foto: alcune componenti del team di ricerca NICO – Università di Torino. Da sinistra: Debora Monteleone e le due autrici principali Elena Tamagno e Michela Guglielmotto.