La Sindrome di Myhre, di cui il primo caso venne descritto circa 30 anni fa, è una malattia rara, con circa 30 casi descritti. E’ caratterizzata da bassa statura, ipertrofia muscolare generalizzata, dismorfismo facciale, sordità, deficit cognitivi, rigidità delle articolazioni e anomalie dello scheletro.
“L’identificazione del gene implicato nella malattia è stata conseguita grazie all’uso di una nuova e potente tecnologia di sequenziamento del genoma basata sull’analisi dell’esoma, cioè dell’intera porzione del DNA che contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine del nostro organismo – spiega Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – Si tratta di un successo importante nella conoscenza dei meccanismi molecolari alla base di questa malattia dello sviluppo di cui siamo particolarmente orgogliosi perché è frutto dell’uso di una nuova piattaforma tecnologica acquisita attraverso i fondi ottenuti grazie alle donazioni del 5 per mille da parte dei cittadini”.
Il sequenziamento dell’esoma è stato condotto utilizzando il DNA di un paziente. “L’approccio bioinformatico che abbiamo utilizzato ha permesso di ridurre considerevolmente il numero di varianti potenzialmente implicate nella malattia e di identificare la mutazione responsabile in pochi giorni – spiega Marco Tartaglia, leader dell’indagine – Il coinvolgimento del gene nella malattia è stato poi confermato attraverso l’identificazione delle mutazioni in altri soggetti con diagnosi clinica della malattia”.
SMAD4 è un gene oncosoppressore che codifica per una proteina in grado di proteggere le cellule dalla trasformazione maligna; la sua inattivazione per effetto di mutazioni somatiche e delezioni del gene è implicata nella patogenesi del cancro del pancreas e della pelle, come pure è alla base di disordini che predispongono gli individui a tumori gastrointestinali e a displasie vascolari.
“Oltre alla rilevanza clinica e tecnologica della ricerca – continua Tartaglia – la scoperta apre nuovi scenari sul ruolo del gene SMAD4 nello sviluppo e nei processi biologici controllati da questa proteina anche in altre malattie dello sviluppo”.
La scoperta, confermata anche da una ricerca condotta indipendentemente da un gruppo francese e pubblicata sul numero di gennaio di Nature Genetics, ha permesso di identificare che una diversa classe di alterazioni in questo stesso gene è in grado di influenzare significativamente lo sviluppo e la crescita.