Tumore colon-retto: boom di diagnosi stimate nel 2012

Tumore colon-retto: boom di diagnosi stimate nel 2012

Migliora la sopravvivenza dei pazienti che ne sono colpiti e a 5 anni dalla diagnosi la  sopravvivenza stimata è pari al 64%, grazie ai miglioramenti terapeutici e alla diagnosi precoce.  Recentemente, al Congresso della Società Americana di Oncologia (ASCO), sono stati presentati  i risultati di diversi studi randomizzati, tra i quali FIRE-3. Il Prof. Francesco Di Costanzo  analizzando i risultati dello studio FIRE-3 afferma che “al momento non cambierà la nostra  pratica clinica e si aspettano maggiori dati in grado di risolvere il quesito clinico di quale sia il  miglior biologico in prima linea da associare alla chemioterapia”.

Lo screening e la diagnosi, che rappresentano due aspetti importanti per organizzare una  miglior strategia terapeutica, sono stati i temi al centro del 15° Congresso mondiale sui tumori  gastrointestinali organizzato dall’ESMO (Società Europea di Oncologia Medica) dal 3 al 6 luglio  a Barcellona. Si tratta del principale evento mondiale nel settore relativo ai tumori maligni che
interessano ogni componente del tratto gastrointestinale.

 Il tumore del colon-retto è in assoluto il tumore a maggiore insorgenza nella popolazione italiana, con quasi 52.000 diagnosi stimate nel 2012. “In Italia l’incidenza delle neoplasie del colon-retto è di circa 48-50mila casi ogni anno,” – dichiara il Prof. Francesco Di Costanzo, Direttore Oncologia Medica Ospedale Careggi di  Firenze – “e circa 22mila pazienti presentano la malattia in fase avanzata o metastatica”. Tra gli uomini è il terzo tipo di tumore più diffuso dopo quelli alla prostata e al polmone  mentre tra le donne è al secondo posto preceduto dal tumore alla mammella. L’importanza dello screening è evidenziata dal fatto che il tumore del colon-retto in stadio  iniziale si presenta spesso senza sintomi. “L’avvio di numerosi programmi di screening” – continua il Prof. Di Costanzo – “ha permesso un maggior numero di diagnosi in fase iniziale  della neoplasia, quindi un contenimento del trend di crescita della patologia”. In Italia, nel  corso del 2011, quasi 1,8 milioni di donne e uomini hanno effettuato il test del sangue occulto  nelle feci (o la rettosigmoidoscopia) per identificare precocemente il tumore del colon retto e  il 45-50% della popolazione target riceve periodicamente l’invito per sottoporsi ai test per la  diagnosi precoce. Negli ultimi anni gli screening hanno avuto un impatto significativo sulla  salute di decine di migliaia di persone, contribuendo ogni anno all’individuazione di lesioni e  forme pre-tumorali o di tumori conclamati. Nel 2011, infatti, grazie allo screening del colonretto sono stati individuati oltre 2.800 tumori e più di 15.000 adenomi avanzati. 

In occasione del Congresso della Società Americana di Oncologia (ASCO), che si è svolto a  Chicago ai primi di giugno, sono stati presentati alcuni studi molto importanti per il  trattamento del tumore al colon-retto in fase avanzata come FIRE-3, studio tedesco di fase III,  del gruppo cooperativo AIO, che confrontava un trattamento chemioterapico standard  (FOLFIRI) associato a Bevacizumab o Cetuximab in prima linea nei pazienti senza alterazioni  del gene Kras. “Lo studio era stato disegnato per valutare la risposta al trattamento,” – afferma  il Prof. Di Costanzo – “ma questa non è risultata significativa, se non nel gruppo selezionato  per malattia misurabile. La sopravvivenza è caratterizzata da una curva che per i primi 18 mesi è sovrapponibile” – continua il Prof. Di Costanzo – “per poi divaricarsi in modo  significativo a 24 mesi con una sopravvivenza mediana di 28,7 e 25 mesi rispettivamente.
Questo studio, pur essendo molto interessante, solleva più dubbi interpretativi che  chiarimenti circa quale farmaco biologico sia più efficace in associazione con la chemioterapia  in prima linea”.

“Tutti gli esperti a questo punto rimandano la soluzione di questo quesito alla studio di un  gruppo cooperativo americano (CALGB89405) che dovrebbe essere presentato all’ASCO  2014” – dichiara il prof. Di Costanzo – “e alcuni aspetti dello studio FIRE-3 necessitano di  essere approfonditi e meglio chiariti riguardo ai trattamenti che i pazienti, inclusi nello studio, hanno ricevuto nelle linee successive”. “La sopravvivenza senza progressione (PFS) è risultata identica.” – conclude il Prof. Di  Costanzo – “Credo che il FIRE-3 al momento non sia in grado di risolvere il quesito clinico di sia il miglior farmaco biologico in prima linea da associare alla chemioterapia e  pertanto, questo studio, non dovrebbe modificare la pratica clinica”.