Rappresentano circa l’uno/due per cento di tutte le neoplasie
La ricerca, coordinata da Giuseppe Damante, professore di Genetica medica all’Ateneo friulano, prende le mosse dall’analisi di topi geneticamente modificati (fase avvenuta negli Stati Uniti), che hanno sviluppato tumori della tiroide aggressivi. Ciò ha permesso di identificare dei geni nel tessuto tumorale del roditore, e presenti anche nell’uomo, la cui espressione viene alterata con il progredire della malattia. Alcuni di questi geni sono stati poi analizzati in tumori umani nei laboratori delle università di Udine e Roma La Sapienza. Il loro successivo esame ha quindi permesso di identificare alcuni geni la cui espressione è alterata durante l’evoluzione maligna del tumore.
Di solito, infatti, i tumori maligni sono generati da cellule presenti in tumori benigni. L’identificazione di geni alterati durante la trasformazione del tumore da benigno a maligno è importante per due motivi. Il primo riguarda l’aspetto diagnostico, perché la valutazione di questi geni aiuta a distinguere preventivamente i tumori tiroidei benigni da quelli maligni prima di un eventuale intervento chirurgico. In secondo luogo, l’identificazione di questi geni può far comprendere nel dettaglio i meccanismi molecolari che generano i tumori maligni della ghiandola tiroidea e, dunque, fornire informazioni per terapie innovative. Il tumore tiroideo rappresenta circa l’uno/dueper cento di tutte le neoplasie. L’Università di Udine è impegnata nello studio con il gruppo di ricerca in Genetica medica, diretto da Giuseppe Damante, coadiuvato da Cinzia Puppin ed Elisa Lavarone, e con il gruppo di ricerca di Anatomia patologica guidato da Carla Di Loreto.