La ricerca apre nuovi scenari e riavvicina due discipline considerate distanti
La ricerca è stata condotta in collaborazione con le Università di Padova, Torino, Vita-Salute San Raffaele di Milano e con La Sapienza di Roma, e con altri centri di ricerca nazionali e internazionali. I ricercatori hanno analizzato una popolazione di oltre 650 pazienti con Demenza Frontotemporale (patologia degenerativa caratterizzata da gravi disturbi del comportamento), andando a ‘caccia’ della mutazione alla base di queste due malattie per scoprirne la frequenza. Con lo studio, i ricercatori hanno scoperto che il difetto genetico era presente nel 6% dei pazienti, ma anche che i sintomi psichiatrici erano molto più frequenti nei pazienti portatori della mutazione (30%) rispetto a quelli che invece non avevano alterazioni di quella porzione di DNA (8%). Studi precedenti riportano però che lo stesso identico difetto genetico provoca anche una malattia esclusivamente psichiatrica, ”con sintomi psicotici, in assenza di segni neurologici e senza che vi sia atrofia del cervello”, tutti segni che invece sono tipici della demenza.
”Questi risultati – concludono i ricercatori – mostrano quindi che i sintomi all’esordio della Demenza Frontotemporale sono spesso subdoli e di pertinenza non solo neurologica, ma anche psichiatrica. L’interesse della scoperta nasce quindi dal fatto che identifica meccanismi patogenetici comuni tra la Demenza Frontotemporale ei disturbi bipolari psicotici, e dal fornire una migliore definizione clinica della varietà di sintomi che devono far sospettare la presenza di una demenza che ha una causa genetica. Lo studio, quindi, suggerisce di considerare l’analisi genetica in quei pazienti che presentano sintomi psicotici ad esordio tardivo”.