Sindrome dell’ascensore: il malessere che provano alcune persone ogni giorno senza saperlo

Sindrome dell’ascensore: il malessere che provano alcune persone ogni giorno senza saperlo

Molte persone convivono con una strana sensazione di instabilità, senza capire da cosa dipenda. In alcuni casi, potrebbe trattarsi della cosiddetta sindrome dell’ascensore, un disturbo ancora poco conosciuto ma sempre più segnalato. La “sindrome dell’ascensore”, che in realtà è un modo colloquiale di descrivere una sensazione di vertigine, non è una condizione medica specifica, ma piuttosto una percezione di instabilità o disequilibrio che può essere associata a diverse cause.

Che cos’è la sindrome dell’ascensore

La sindrome dell’ascensore è un disturbo poco conosciuto, ma sorprendentemente diffuso, che può colpire persone di ogni età. Chi ne soffre avverte una sensazione di sbandamento o di “vuoto allo stomaco”, simile a quella che si prova in un ascensore in movimento. Il problema è che questo fastidio si presenta anche in assenza di uno stimolo fisico reale, spesso durante attività quotidiane come stare in piedi, camminare, guidare o addirittura mentre si è seduti.

Non si tratta solo di un disagio passeggero: la sindrome dell’ascensore può compromettere la qualità della vita, generando ansia, insicurezza e difficoltà a svolgere le normali attività. Per questo, è importante riconoscerla, comprenderla e affrontarla in modo adeguato.

La sindrome dell’ascensore provoca un senso di vuoto e sbandamento anche da fermi, come se si fosse su un ascensore in movimento

I sintomi: non solo vertigini

I sintomi della sindrome dell’ascensore sono spesso confusi con quelli di altri disturbi, come le vertigini classiche, l’ansia generalizzata o i problemi dell’orecchio interno. Tuttavia, esistono delle caratteristiche ricorrenti:

  • Sensazione di “salita o discesa” anche da fermi
  • Percezione di movimento verticale o oscillazione del pavimento
  • Episodi di instabilità che peggiorano in ambienti chiusi o affollati
  • Disorientamento visivo, soprattutto in luoghi con luci artificiali
  • In alcuni casi, tachicardia, respiro affannoso e sudorazione

Ciò che rende questo disturbo subdolo è la sua intermittenza: i sintomi non si presentano sempre, ma possono manifestarsi in modo imprevedibile, rendendo difficile stabilirne la causa. A volte si presentano solo in certe situazioni, come salire su mezzi pubblici, camminare in centri commerciali o stare in piedi troppo a lungo.

Chi soffre della sindrome dell’ascensore descrive sintomi vaghi ma destabilizzanti, come oscillazioni, vertigini e disagio nei luoghi affollati

Una sindrome che spesso non ha un nome

Uno dei problemi principali della sindrome dell’ascensore è che, nella maggior parte dei casi, non viene riconosciuta come tale. Chi ne soffre può passare anni consultando medici di diverse specializzazioni, sottoponendosi a esami neurologici, vestibolari o cardiologici, senza ricevere una diagnosi precisa.

Il nome “sindrome dell’ascensore” non è ancora ufficialmente riconosciuto nella classificazione internazionale delle malattie, ma viene utilizzato per descrivere un insieme di sintomi che coinvolgono il sistema dell’equilibrio, la percezione spaziale e l’interazione tra vista, orecchio interno e sistema nervoso centrale.

Molti medici, neurologi o otorini, parlano invece di vertigine soggettiva cronica, disturbo dell’elaborazione sensoriale o malattia funzionale dell’equilibrio. Tuttavia, per il paziente, l’effetto è sempre lo stesso: una sensazione costante di “fluttuazione” che mina la sicurezza nei movimenti e nella vita sociale.

Molti pazienti impiegano anni prima di ricevere una diagnosi, passando da uno specialista all’altro senza risposte certe

Le cause: tra psiche, orecchio interno e stress

Le possibili cause della sindrome dell’ascensore sono diverse e spesso coesistono. In molti casi si tratta di una disfunzione del sistema vestibolare, cioè dell’organo dell’equilibrio situato nell’orecchio interno. Questo sistema è responsabile della nostra capacità di percepire il movimento e l’orientamento nello spazio.

Tuttavia, la sindrome può anche derivare da un disturbo di origine psicosomatica. In questi casi, ansia cronica, stress elevato o attacchi di panico non manifestano solo sintomi psicologici, ma influenzano il corpo, provocando instabilità e senso di sbandamento.

Un’altra ipotesi molto discussa è quella del cosiddetto mal d’auto cronico, legato all’ipersensibilità ai movimenti o ai cambi di accelerazione, anche quando non sono realmente presenti. Non è raro che chi ha sofferto in passato di vertigini, labirintite o altre problematiche vestibolari sviluppi successivamente la sindrome dell’ascensore come forma di “memoria percettiva distorta”.

Stress, ansia e disturbi dell’equilibrio sono spesso tra le cause più frequenti associate a questo tipo di malessere

Diagnosi difficile, ma non impossibile

Diagnosticare la sindrome dell’ascensore richiede tempo, pazienza e un approccio multidisciplinare. Solitamente, il primo passo è escludere patologie organiche, come problemi vestibolari veri e propri, disturbi neurologici o cardiovascolari.

Una volta esclusi i problemi più gravi, si può procedere con test di equilibrio, esami posturali, ma anche con un’attenta analisi psicologica. Alcuni centri specializzati in riabilitazione vestibolare riescono a riconoscere questo disturbo attraverso test di stabilometria e valutazioni del sistema visivo-vestibolare.

In molti casi, la diagnosi arriva tardi, spesso dopo anni di sintomi non spiegati, con un impatto significativo sulla qualità della vita della persona. Ma ottenere finalmente una spiegazione concreta dei sintomi può rappresentare già un primo passo verso la guarigione.

Con riabilitazione, supporto psicologico e strategie mirate, è possibile ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita

Possibili trattamenti e strategie di miglioramento

Non esiste una cura unica per la sindrome dell’ascensore, ma diverse strategie possono aiutare a ridurne l’intensità e la frequenza. Una delle terapie più efficaci è la riabilitazione vestibolare, che prevede esercizi specifici per “rieducare” il cervello a interpretare correttamente i segnali dell’equilibrio.

Quando il disturbo ha una forte componente ansiosa, può essere utile associare la fisioterapia a un percorso psicoterapeutico, soprattutto con tecniche come la terapia cognitivo-comportamentale o la mindfulness, che insegnano a gestire lo stress e a ridurre l’ipercontrollo sul corpo.

In alcuni casi, lo specialista può consigliare farmaci ansiolitici o antidepressivi, ma solo per periodi limitati e sotto stretto controllo medico. Anche il movimento regolare, come camminate all’aperto, yoga o attività dolci, può avere un impatto molto positivo.

Un elemento fondamentale resta la consapevolezza: sapere di non essere soli, di avere un nome per ciò che si prova, aiuta a ridurre l’ansia e a trovare il coraggio di affrontare il problema con gli strumenti giusti.

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