L´hanno battezzato "onco-Giano" ed è il primo gene mutante bifronte. Fino ad una certa quantità, nelle cellule tumorali, ne favorisce la diffusione. Al di sopra la inibisce. L´effetto bivalente della mutazione genetica, da cui il nome ispirato all´antico dio latino, è stato scoperto da un gruppo di giovani ricercatori dell´Università di Bologna. "Siamo anche riusciti a spiegare il meccanismo biochimico con cui il gene mutato, se abbondante, può arrestare la crescita dei tumori", aprendo così la strada a nuove terapie in procinto di sperimentazione, come riferisce la rivista scientifica Cancer Research.
"L´onco-Giano (nome scientifico MTND1), è mutato in diversi tipi di cellule tumorali in percentuali diverse" spiega Giuseppe Gasparre, 32enne genetista Unibo, ‘cresciuto´ al Collegio superiore dell´ateneo. "Per analizzarne gli effetti abbiamo ingegnerizzato delle cellule di cancro in modo che contenessero cinque diversi livelli della mutazione. Le abbiamo quindi iniettate nei topi. I topi con i livelli più bassi del gene mutato hanno sviluppato il tumore. In quelli con i livelli più alti il tumore, invece, non è cresciuto. La soglia critica che abbiamo individuato è intorno all´82 per cento".
"Abbiamo quindi cercato di capire perché l´onco-Giano mutato, presente in quantità massicce, bloccasse lo sviluppo del cancro – aggiunge Anna Maria Porcelli, neo-ricercatrice presso il dipartimento di Biologia Unibo -. Abbiamo ricostruito il meccanismo biochimico con cui il gene interferisce nella capacità delle cellule tumorali di creare nuovi vasi sanguigni, che sono loro vitali per l´apporto di ossigeno o glucosio, senza i quali non possono crescere e diffondersi. Se riusciamo a simulare per via farmacologica, o genetica, lo stesso effetto dell´onco-Giano mutato possiamo quindi soffocare lo sviluppo dei tumori, bloccandone l´approvvigionamento dei ‘carburanti´ con cui crescono".
Il prossimo passo sarà quindi rivolto allo sviluppo di possibili trattamenti terapeutici. "Proveremo la via genetica – spiega Gasparre -, intervenendo su alcuni geni più facili da manipolare del nostro onco-Giano ma che hanno effetti identici. Vogliamo vedere se riusciamo a bloccare la capacità dei tumori di sviluppare vasi sanguigni". "Prima ingegnerizzeremo il gene mutato, poi lo metteremo nelle cellule tumorali e vedremo se smetteranno di crescere" spiega Porcelli.
Il risultato è stato reso possibile dal lavoro triennale di un gruppo affiatato di una decina di giovani studiosi tra i 25 e i 39 anni, sostenuto in gran parte da un finanziamento di 420 mila euro assegnato dall´Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) al prof. Giovanni Romeo, da anni impegnato su questa linea di ricerca.