Roma, 31 mar. (Adnkronos Salute) – La farina di grillo si appresta ad arrivare sugli scaffali dei supermercati, ma gli italiani non sembrano pronti a questa innovazione gastronomica. Sebbene quasi uno su 5 (19%) si sia detto abbastanza informato sull’argomento, solo poco più di uno su 10 (il 15%) porterebbe a tavola cibi fatti con farina di grillo. Per almeno metà degli italiani, invece, è no assoluto a questo tipo di prodotti. I contrari si concentrano soprattutto al Sud. Inoltre, solo il 24% del campione è favorevole alla vendita e il 21% alla produzione di alimenti contenenti farina di grillo.
Questa la fotografia scattata da un’indagine flash dell’EngageMinds Hub, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona, che rileva attraverso un Monitor continuativo i comportamenti e le abitudini degli italiani restituendone un’analisi in chiave psicologica.
Il totale del campione mostra, dunque, una generica ostilità verso il prodotto (53%) ed è il disgusto il principale ostacolo al consumo per il 68% delle persone non intenzionate a consumare questi prodotti neanche in futuro. Seguono la non familiarità, ovvero la disinformazione in materia (31%), le preoccupazioni per la sicurezza alimentare (29%), e il prezzo (16%). Un kg di farina di grillo arriva infatti a costare tra i 70 e gli 80 euro. Tra le persone interessate al consumo emergono invece motivazioni considerate positive come la curiosità e la sostenibilità, rispettivamente il 64% e il 56%, seguite da un gruppo, il 35%, che lo farebbe per l’apporto nutrizionale. La farina di grilli contiene di fatto una quantità significativa di proteine, oltre a fibre, minerali come il ferro e il calcio, e vitamine come la B12.
“Vorrei sottolineare quanto l’aspetto della sostenibilità soprattutto sia influente sulle persone che hanno espresso l’emozione della curiosità per il consumo di farina di grilli – commenta Guendalina Graffigna, docente all’Università Cattolica e direttore dell’EngageMinds Hub – Tra quanti sono intenzionati al consumo, la curiosità è uno dei driver maggiori (riportato dal 64%), percentuale che sale al 73% tra quanti sono particolarmente sensibili ai temi ambientalisti”.
“Gli italiani – continua Graffigna – sembrano nel complesso piuttosto ‘ostili’ verso i prodotti con farina di grillo: il 47% del campione ritiene che possano mettere anche a rischio le tradizioni culinarie. Non solo. Dall’indagine emerge che il 44% ritiene che l’Unione europea non avrebbe dovuto autorizzarne la vendita. Questi dati sono espressione di barriere culturali difficili da abbattere – sottolinea – La farina di grillo sta guadagnando interesse come fonte sostenibile di proteine, ma è un processo che potrebbe richiedere ancora del tempo per diventare più diffuso e accettato nella cultura alimentare italiana. Da questo punto di vista, molto si giocherà sul fronte della corretta comunicazione – chiosa l’esperto – per aiutare a colmare, così come accaduto in altri casi, il gap tra sapere scientifico e percezione del consumatore. Nei prossimi mesi focalizzeremo proprio questo tema in una ricerca svolta per Agorà Network, una rete che a Cremona, grazie al contributo delle istituzioni locali, connette università Cattolica e imprese”.