Roma, 26 ott. (Adnkronos Salute) – In Italia l’approccio ‘one health’ è al centro del Pnrr, con 500 milioni destinati alle Regioni per salute ed emergenza climatica, ma c’è ancora molto da fare, anche dal punto di vista dell’informazione: 8 italiani su 10 ne ignorano la definizione – secondo un’indagine Swg-Federchimica Aisa – oltre ad avere una scarsa consapevolezza dei principi e del valore dell’interconnessione tra salute umana, animale e ambientale. Oggi a Roma gli esperti in medicina veterinaria, sanità pubblica e sicurezza alimentare hanno incontrato i giornalisti in occasione del corso di formazione professionale continua “L’interconnessione tra salute umana, animale, ambientale e il rapporto tra zoonosi e pandemie”, primo appuntamento del progetto Be Informed – Accademia di formazione per giornalisti di Boehringer Ingelheim.
Il progetto è promosso dal Master Sgp dell’università degli Studi di Roma Sapienza in collaborazione con Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), con l’obiettivo di fornire ai professionisti dell’informazione tutti gli strumenti ed elementi per informare e comunicare correttamente sulle dinamiche della ‘one health’. “Si stima che, negli ultimi 30 anni circa il 70% delle malattie infettive umane emergenti siano zoonosi o malattie trasmesse da vettori”, dichiara Bartolomeo Griglio, responsabile Prevenzione, sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare, Regione Piemonte. “La prevenzione e il controllo delle malattie in grado di determinare epidemie tra gli esseri umani e gli animali contribuiscono a mantenere l’integrità del nostro ecosistema, a beneficio di tutti gli esseri viventi, garantendo la biodiversità. Solo superando le barriere tra agenzie, individui, specialità e settori diversi – sostiene – si potranno liberare le energie e condividere le conoscenze necessarie ad affrontare le serie minacce alla salute di tutte le specie viventi e alla stessa integrità dell’ecosistema. Non è possibile risolvere i problemi di oggi e le minacce future con i metodi passati: dobbiamo sviluppare soluzioni innovative, multidisciplinari e proiettate nel futuro per affrontare le sfide che ci aspettano”.
Un ruolo primario nell’applicazione dei principi della ‘one health’ lo gioca la medicina veterinaria, che in questo senso deve essere considerata un cardine della sanità pubblica. Fondamentale la prevenzione e il controllo delle zoonosi anche negli animali da compagnia, che in Italia sono più di 62 milioni: 1 famiglia su 3 ne ha almeno uno in casa. “L’approccio ‘one health’ mobilita molteplici settori della società e dell’economia: il medico veterinario è presente in tutti questi settori non solo perché cura gli animali, ma anche come importante attore della prevenzione sanitaria pubblica”, spiega Daniela Boltrini, vicepresidente Anmvi.
“La prevenzione delle zoonosi negli animali da compagnia . prosegue – è fatta di controlli e visite veterinarie periodiche, vaccinazioni, esami e analisi, protezioni antiparassitarie, una corretta alimentazione e un corretto impiego del farmaco veterinario prescritto, con particolare riguardo agli antimicrobici. La nuova legislazione di sanità animale, in vigore dal 27 settembre 2022, cala nell’ordinamento italiano l’approccio one health del legislatore europeo e responsabilizzerà chiunque detenga o gestisca un animale da compagnia, sulla base del principio che dove c’è un animale ci deve essere un medico veterinario”.
Il concetto di salute unica passa anche dal controllo della sicurezza alimentare – si legge in una nota -. Riuscire a garantire alla futura popolazione di 10 miliardi di persone alimenti sicuri e una dieta sana entro i confini planetari rappresenta la sfida più importante della ‘one health’ in ambito alimentare. Ed è notizia di questi giorni che Oms, Fao, con Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e l’Organizzazione mondiale per la salute degli animali (Woah) hanno varato un piano congiunto, che si concentrerà da qui al 2026 sulla capacità dei sistemi sanitari di lavorare in ottica ‘one health’ e sul controllo di zoonosi endemiche, emergenti e riemergenti, delle malattie tropicali trascurate e trasmesse da vettori, dei rischi per la sicurezza alimentare e della resistenza antimicrobica.
“Nell’ambito della sicurezza alimentare, l’attuale epidemia di listeriosi costituisce un esempio virtuoso di collaborazione medico-veterinaria nella sorveglianza di una zoonosi a trasmissione alimentare – commenta Umberto Agrimi, direttore Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria, Iss –. Il coordinamento tra la sorveglianza in ambito umano e quella in ambito alimentare svolta centralmente dal ministero della Salute, l’operatività dei laboratori regionali e dei servizi presso i dipartimenti di prevenzione, l’allineamento della sorveglianza integrata medico-veterinaria sulle metodiche diagnostiche avanzate di whole genome sequencing e la convergenza della sorveglianza degli isolati umani su un’unica piattaforma di analisi genomica nazionale, che dialoga con quella veterinaria, hanno consentito di affrontare al meglio questa epidemia e di confermare il valore della collaborazione medico-veterinaria in un ambito di tradizionale applicazione della one health”.
Per portare a compimento il modello one health è fondamentale il ruolo di tutta la cittadinanza. Le associazioni civiche – prosegue la nota – possono fare molto per tenere alta l’attenzione e rendere esigibile il diritto alla salute come diritto umano fondamentale, nel quale salute e malattia sono considerate risultati di processi non solo biologici ma anche economici, sociali, politici, culturali e ambientali.
“Accesso alla salute per tutte e tutti (76,7%), lotta alle disuguaglianze sociali (61,4%), benessere psicofisico (51,4%), equa distribuzione della ricchezza (36,5%) e ricerca della sostenibilità (22%) sono i temi che i cittadini di 24 Paesi europei hanno indicato come prioritari per una strategia efficace sulla salute globale – conclude Francesca Moccia, vicesegretaria di Cittadinanzattiva -. Più della metà dei cittadini coinvolti ha affermato che la pandemia ha cambiato in modo decisivo le priorità personali e il proprio modo di agire. È emerso, infine, che il comportamento del singolo individuo potrebbe avere un peso decisivo per la tutela dell’ambiente, mentre le istituzioni potrebbero averlo nel garantire un programma di prevenzione psicofisica a tutta la popolazione. Come possiamo costruire una nuova politica della salute globale dal basso? Un esempio è il recente programma di Cittadinanzattiva, che ha l’obiettivo di scrivere a più mani una Carta civica della salute globale nella quale indicare gli impegni futuri di istituzioni e cittadini”, conclude.