Roma, 4 apr. (Adnkronos Salute) – In Italia si stimano oltre 4,6 milioni di pazienti asmatici adulti, con una prevalenza del 7,9% (nel 2010 era del 4,8%). Di questi, circa il 10% è interessato da una forma grave. Tuttavia, si cura solo il 20%. È quanto emerso questa mattina a Milano durante una conferenza stampa di presentazione di una nuova terapia di Chiesi Italia (tripla associazione extrafine BDP/FF/G in un unico inalatore) per i pazienti con asma non controllato.
L’aderenza alla terapia – riporta una nota – è una componente essenziale del trattamento e rappresenta una condizione critica per il successo terapeutico. Si stima che il 24% delle riacutizzazioni e il 60% dei ricoveri correlati all’asma siano attribuibili alla scarsa aderenza che in Italia si attesta a livelli inferiori al 20%. I motivi? Sicuramente l’impiego di multipli inalatori. Una review sistematica – dettaglia la nota – riporta che l’utilizzo di un singolo inalatore aumenta significativamente i tassi di aderenza, mentre le analisi economiche mostrano che il singolo inalatore è associato a un ridotto utilizzo di risorse sanitarie ed è conveniente rispetto alle terapie con più inalatori. In particolare, l’uso della tripla terapia in un unico inalatore ha il potenziale di: migliorare l’aderenza al trattamento riducendo il numero di dispositivi inalatori necessari per la terapia di mantenimento, con meno istruzioni e senza regimi di dosaggio differenti; ridurre gli errori di dosaggio e di manipolazione; ridurre l’interruzione selettiva di specifiche e individuali terapie antiasmatiche in generale e, in particolare, l’abbandono dell’inalatore con corticosteroidi inalanti.
L’asma interessa persone di tutte le età manifestandosi dai bambini più piccoli alle persone più anziane. Le stime di prevalenza sono leggermente maggiori nelle donne (8,5%) – prosegue la nota – rispetto agli uomini (7,4%) nei quali si assiste a una relazione inversa all’aumentare dell’età, andando dal 9,8% nella fascia 25-34 anni al 5,1% negli over-85. Percentuali più elevate di pazienti si registrano al Centro-Sud Italia: la regione con la prevalenza più elevata risulta la Campania (14,7%), seguita da Sardegna (9,3%), Calabria (8,4%), Molise e Liguria (8,0%).
La difficile identificazione dei fattori di rischio relativi all’asma bronchiale – è emerso dall’incontro – rende necessario la messa in atto di strategie preventive volte a tutelare e migliorare la salute polmonare, agendo ad esempio su: riduzione del fumo di tabacco, sia attivo che passivo; riduzione dell’inquinamento atmosferico, sia all’aperto che nei luoghi chiusi, e delle esposizioni professionali a polveri e fumi; riduzione dell’obesità infantile e promozione di una dieta ricca di frutta e verdure; miglioramento della salute materno-fetale; promozione dell’allattamento al seno, della vaccinazioni infantili e riduzione delle disuguaglianze sociali.
“Quando l’asma è controllato grazie al trattamento farmacologico – afferma Francesco Blasi, professore ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio, Università di Milano – il paziente non avverte sintomi, né disturbi nelle attività quotidiane e non ha broncospasmo, responsabile delle riacutizzazioni. È bene ricordare che l’asma è potenzialmente in grado di provocare crisi respiratorie gravi che possono anche avere esiti fatali”. I decessi “non riguardano soltanto i pazienti con malattia severa – aggiunge Blasi – ma possono verificarsi anche a seguito di riacutizzazioni gravi che si manifestano in soggetti affetti da malattia lieve. Per questo, l’attenzione alla terapia e il controllo della malattia sono fondamentali in tutti i soggetti asmatici, per ridurre l’impatto della patologia sulla qualità di vita”.
Il paziente asmatico “dovrebbe avere maggiore consapevolezza della propria malattia e di come gestirla”, nonché “sottoporsi ai controlli periodici dallo specialista che possono essere più o meno ravvicinati a seconda della gravità della malattia, dell’aderenza del paziente alla terapia, della capacità di eseguire la tecnica inalatoria in modo corretto, ma anche della presenza di possibili malattie concomitanti e del mancato intervento sui fattori di rischio modificabili, su tutti il fumo”.
“La mancata aderenza alla terapia inalatoria rappresenta una delle principali problematiche della gestione dell’asma – sottolinea Claudio Micheletto, Direttore Uoc di Pneumologia, Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona – se negli anni è migliorato notevolmente l’aspetto diagnostico, permane invece la criticità del sotto-trattamento della patologia. Molti pazienti, infatti, tendono a sottovalutare la gravità effettiva della malattia, rinunciando alla terapia regolare quando i sintomi sono lievi o assenti. Poiché l’asma è caratterizzata da lunghe fasi intercritiche (cioè con assenza di sintomi tra una crisi e l’altra), il paziente, nei periodi in cui è libero dai sintomi, tende ad abbandonare la terapia di fondo costituita dall’associazione di steroidi inalatori e broncodilatatori, e a curarsi con la terapia al bisogno che però non controlla l’infiammazione alla base della malattia”.
“È bene ricordare che il rischio di mortalità associato all’asma nasce prevalentemente da una cura inappropriata – avverte Micheletto – tant’è che tra gli obiettivi delle Linee guida internazionali c’è quello di non avere più pazienti che si curano soltanto con una terapia al bisogno. Per questi motivi, è fondamentale che la terapia venga assunta correttamente e regolarmente. La possibilità di avere a disposizione una tripla associazione fissa in un unico inalatore rappresenta un’importante opportunità per i pazienti asmatici, non soltanto per migliorare l’efficacia del trattamento ma anche per aumentare l’aderenza terapeutica”.
Oltre a questo, “è importante intervenire sullo stile di vita, modificando i cosiddetti fattori di rischio modificabili che possono causare complicanze e peggiorare lo stato di salute del paziente. In particolare, è consigliabile evitare il fumo di tabacco, praticare regolarmente un’adeguata attività fisica, perdere peso se si è in sovrappeso o obesi, così come limitare l’esposizione ai fattori allergizzanti e alle sostanze chimiche nocive, anche in ambiente domestico e lavorativo” conclude.