Roma, 5 apr. (Adnkronos Salute) – “Proseguono positivamente, in un clima di collaborazione, i confronti tra Aran e organizzazioni sindacali per il rinnovo del Ccnl 2019-2021 della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria. Tuttavia, non ritroviamo nei testi proposti dall’Aran i frutti di tale confronto: la maggior parte delle richieste dei sindacati sulle relazioni sindacali non sono state, per il momento, recepite; mentre, in merito al rapporto di lavoro, la discussione è stata ampia e produttiva, ma aspettiamo di ricevere il testo per capire quante e quali proposte l’Aran sia disponibile ad accogliere. In ogni caso, l’ultima parte di testo ricevuta, dedicata tra le altre cose all’orario e all’organizzazione del lavoro, è di gran lunga la peggiore”. Così Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed, commentando l’andamento della trattativa per il rinnovo del contratto dei medici e dei dirigenti sanitari.
“Riteniamo improponibili le principali novità introdotte dall’Aran, poiché peggiorative rispetto al contratto vigente, che la Cimo tra l’altro ha sempre giudicato inaccettabile, tanto da non firmare il pre-accordo”, prosegue Quici. “Quello dell’orario di lavoro – dettaglia – è il cuore dei motivi che spingono sempre più medici e dirigenti sanitari ad abbandonare il Ssn. E allora non si può pensare di risolvere la carenza di personale coprendo i turni con gli straordinari ‘programmati’, pagati dunque dai fondi degli stessi medici e non dell’azienda, o di introdurre una formulazione pericolosissima in merito alla pronta disponibilità, che potrebbe indurre le aziende a sentirsi autorizzate ad impiegare lo stesso medico in sedi diverse di una stessa azienda, magari a decine di chilometri di distanza l’una dall’altra; né, d’altro canto, è ipotizzabile vincolare le nuove agevolazioni previste per facilitare la conciliazione dei tempi famiglia-lavoro alle ‘compatibilità organizzative’ delle diverse aziende, quando sappiamo tutti benissimo in quali condizioni di disorganizzazione versano oggi le stesse, a causa della mancata riorganizzazione del lavoro post-pandemia, del mancato adeguamento della rete ospedaliera alle previsioni del DM 70 e alla mancata riorganizzazione dei servizi territoriali”.
“Solo il miglioramento delle condizioni di lavoro può frenare la fuga del personale dalla sanità pubblica e rendere il Ssn nuovamente attrattivo. E il contratto, in questo senso, rappresenta un’opportunità da non sprecare. Ma se queste sono le premesse – conclude Quici – non arriveremo da nessuna parte”.