Roma, 24 mar. (Adnkronos Salute) – “Per quanto possano sembrare disturbanti o poco familiari con la nostra cultura, le farine di insetti e in generale i prodotti da loro derivati rappresentano una fonte proteica potenzialmente benefica e con un bassissimo impatto ambientale”. Il loro arrivo nei supermercati e nel piatto “non significa cancellare le nostre tradizioni dall’oggi al domani o stravolgere le tavole degli italiani in maniera forzata o impositiva, ma vivere i cambiamenti da protagonisti del settore, governando le evoluzioni per non rischiare di doverne subire, in ritardo, le conseguenze. La cucina italica è da sempre in grado di integrare tradizione e innovazioni”. Così Edoardo Mocini, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e ricercatore dell’università Sapienza Policlinico Umberto I di Roma, commentando all’Adnkronos Salute le regole per la vendita delle farine derivati da insetti, con scaffali separati ed etichette a caratteri cubitali.
L’esperto invita a tenere i pregiudizi fuori dal piatto. “Ricette che percepiamo come eternamente appartenenti alla tradizione, come la pasta alla carbonara, sono relativamente recenti – ricorda Mocini – Tradizione vuole si tratti di una ricetta nata nel primo dopo-guerra, in un momento di grande penuria di materie prime, in cui per la prima volta, con il bacon, si combina questo piatto proprio applicando l’ingegno, e coniugando tradizione e novità nell’uso delle materie prime. Pur comprendendo che la farina di grillo non abbia lo stesso effetto su di noi che può avere il bacon, l’importante è non ragionare solamente di ‘pancia’, ma governare i fenomeni – sottolinea – con un atteggiamento aperto e soprattutto scientifico”.
“Il tema dei cambiamenti nella produzione del settore agro-alimentare è un tema complesso che non va banalizzato o affrontato in maniera ideologica, ma scientifica”, prosegue il dietologo, autore del libro ‘Fatti i piatti tuoi’ (Rizzoli).
“Negli ultimi 20 anni la popolazione mondiale è aumentata di 2 miliardi. Crescerà quasi altrettanto nei prossimi 20 arrivando ai 10 miliardi nel 2050. Esiste un tema legato alla sostenibilità della produzione di fonti proteiche – rimarca Mocini – L’idea che si possa continuare a produrre e consumare il cibo come abbiamo fatto fino un secolo fa è ridicola. E infatti questo già non accade, la tecnologia ha stravolto le modalità di produzione, trasformazione, trasporto, conservazione”. Il punto, dunque, “non è cambiare o non cambiare, ma affrontare il tema in maniera scientifica, che non significa indifferente rispetto alle necessità dei produttori o al valore culturale delle nostre tradizioni, ma nemmeno completamente permeabile agli interessi lobbistici. Non va tenuto come unico punto di riferimento un nostalgico e pregiudiziale atteggiamento di conservatorismo tout court. Bisogna piuttosto cercare di capire cosa si può integrare e soprattutto intercettare i settori strategici su cui l’Italia potrebbe mantenere la sua posizione di leader – chiosa l’esperto – nel settore della produzione alimentare”.