Milano, 22 dic. (Adnkronos Salute) – La legislazione che vieta la pubblicitĂ dei medicinali basata sui prezzi, su offerte promozionali o su vendite combinate di medicinali e di altri prodotti è compatibile con il diritto dell’Unione europea. Contenuti pubblicitari di questo tipo infatti favoriscono l’uso irrazionale dei medicinali e devono essere vietati dagli Stati membri. E’ quanto ribadisce in una sentenza la Corte di giustizia dell’Ue, chiamata in causa da un giudice alle prese in Lettonia con una controversia aperta da un’azienda farmaceutica del Paese. Sul tavolo la direttiva 2001/831 che armonizza le disposizioni sulla pubblicitĂ dei medicinali, subordinandola a condizioni, restrizioni e divieti allo scopo di assicurare la tutela della sanitĂ pubblica.
Nel dettaglio, il giudice ha interrogato la Corte Ue sull’interpretazione da dare alla nozione di ‘pubblicitĂ dei medicinali’ ai sensi di questa direttiva, e se questa comprendesse anche la pubblicitĂ di medicinali indeterminati, cioè la pubblicitĂ di medicinali in generale o di un gruppo di medicinali non identificati. Alla Corte viene richiesto anche se il divieto previsto da una disposizione nazionale lettone riguardo alla pubblicitĂ mediante i prezzi e relativa a offerte promozionali o a vendite combinate di medicinali e di altri prodotti sia compatibile con la direttiva in questione.
A rivolgersi alla giustizia aprendo il caso è stata l’azienda ‘Euroaptieka’, societĂ a responsabilitĂ limitata lettone che esercita un’attivitĂ farmaceutica. Nel 2016, l’Ispettorato della sanitĂ pubblica lettone le ha vietato di diffondere una pubblicitĂ relativa a una vendita promozionale di medicinali, sulla base della disposizione nazionale. Nel 2020 la Euroaptieka ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte costituzionale lettone, contestando la legittimitĂ della disposizione nazionale in questione alla luce della direttiva 2001/83. Da qui il quesito posto dal giudice alla Corte Ue.
Nella sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte, riunita in Grande sezione, afferma che la nozione di pubblicitĂ dei medicinali comprende qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di un medicinale determinato o di medicinali indeterminati. La direttiva 2001/83 definisce infatti tale nozione in modo molto ampio, come comprensiva di “qualsiasi” azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, inclusa, in particolare, la “pubblicitĂ dei medicinali presso il pubblico”.
Inoltre, se la pubblicitĂ di medicinali indeterminati fosse esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, i divieti, le condizioni e le restrizioni che essa prevede in materia di pubblicitĂ a causa dei rischi che possono derivare da un uso eccessivo e sconsiderato di medicinali sarebbero in larga parte privati del loro effetto utile e l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanitĂ pubblica perseguito da tale direttiva sarebbe ampiamente compromesso.
Nel caso specifico, la Corte ritiene che la diffusione di informazioni che incoraggiano l’acquisto di medicinali, giustificandone la necessitĂ mediante il prezzo, annunciando un’offerta promozionale o facendo riferimento a una vendita combinata con quella di altri medicinali o prodotti, come quella vietata dalla disposizione nazionale contestata dinanzi al giudice del rinvio, abbia una finalitĂ promozionale. E questa diffusione di informazioni rientra di conseguenza nella nozione di pubblicitĂ dei medicinali, a parere della Corte, anche qualora tali informazioni riguardino medicinali indeterminati.
Per quanto riguarda poi la compatibilitĂ di una simile disposizione nazionale con la direttiva 2001/83, la Corte rileva che la pubblicitĂ dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili, piĂą specificamente coperti dalla disposizione nazionale chiamata in causa, è in linea di principio autorizzata da tale direttiva. Ma gli Stati membri devono tuttavia vietare, al fine di evitare il sorgere di rischi per la sanitĂ pubblica, qualsiasi contenuto pubblicitario che sia tale da favorire l’uso irrazionale di questi medicinali.
La Corte ricorda, al riguardo, che la pubblicitĂ dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili può esercitare un’influenza particolarmente rilevante sulla valutazione e sulla scelta operate dai consumatori finali, riguardo tanto alla qualitĂ del medicinale quanto alla quantitĂ da acquistare. Inoltre, pubblicitĂ del tipo citato possono indurre i consumatori finali ad acquistare e a consumare tali medicinali sulla base di un criterio economico, senza che sia effettuata una valutazione oggettiva fondata sulle loro proprietĂ terapeutiche e su esigenze mediche concrete. Contenuti pubblicitari del genere assimilano inoltre i medicinali ad altri prodotti di consumo, che sono generalmente oggetto di sconti e riduzioni di prezzo.
Secondo la Corte, la pubblicitĂ mediante i prezzi e relativa a offerte o a vendite combinate di medicinali e di altri prodotti incoraggia quindi l’uso irrazionale ed eccessivo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica e non rimborsabili. Ora spetterĂ al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte (decisione che vincola anche altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile).