Roma, 19 giu. (Adnkronos Salute) – (Ripetizione da altra categoria)
La lotta alla dipendenza dalla nicotina e le alternative per smettere con le sigarette tradizionali. “Le misure di lotta al tabagismo non funzionano in Italia e in molti altri Paesi nel mondo. Lo dico avvedutamente: l’offerta dei centri antifumo attrae meno di 13mila fumatori l’anno, mentre il consumo 11-12 milioni di persone. Non basta dire ‘dovete smettere’, ma occorre dare una alternativa a queste persone, che sono spesso anche malati oncologici. In Italia resiste un pregiudizio ideologico sui dispositivi a rischio ridotto, dalle e-cig al tabacco riscaldato, che ci espongono a meno tossicità e aiutano a ‘switchare’ dalle sigarette”. A fare il punto con l’Adnkronos Salute è Fabio Beatrice, direttore del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino, nei giorni in cui si dibatte in Parlamento sulla possibilità, nel Dl Rilancio, di aumentare la tassazione ai dispositivi a tabacco riscaldato.
“Il fumo sano non esisterà mai – prosegue Beatrice – Ma i dispositivi a rischio ridotto sono meno tossici della sigaretta. E ci sono i dati di una ricerca effettuata dal sottoscritto con l’Asl To 2 e l’Istituto Superiore di Sanità. La e-cig è meno tossica della sigaretta normale perché evita che nei polmoni finiscano i prodotti della combustione ai quali è legato il rischio di contrarre i tumori. Il centro che dirigo è l’unico in Italia (ce ne sono 300) che ha dichiarato di praticare la riduzione del rischio e non del danno; nel nostro Paese in questo campo manca l’approccio clinico di ricevibilità della proposta. All’eroinomane se non dai il metadone lo perdi, allora perché al tabagista non posso dare un prodotto a rischio ridotto che mi aiuta a non farlo tornare alla sigaretta?”.
Ma cosa accade in altri Paesi nella riduzione del danno? “La Nuova Zelanda incentiva il passaggio a forme di consumo del tabacco meno dannose, tra le quali include la sigaretta elettronica. In Francia alcune posizioni più chiuse su questo fronte si stanno spostando. La Gran Bretagna da anni ha sposato la e-cig nelle campagne contro il tabagismo ed ha abbattuto i consumi del 15%, ha alzato i costi dei pacchetti – ricorda Beatrice – Poi hanno capito che c’è uno zoccolo duro e hanno deciso di distribuire gratis le e-cig pur di non vedere morire le persone. Si sono schierati e hanno scelto un certo pragmatismo che noi in Italia non abbiamo. Io sono un medico e devo essere attento alla salute del mio paziente, se capisco che posso assecondare la scelta del cambiamento ci lavoro e non precludo una possibilità che mi può arrivare dai dispositivi alternativi”, conclude.