Milano, 25 ott. (Adnkronos Salute) – Nel 2022 in Lombardia sono stati eseguiti 1.500 test genomici per il tumore al seno, pari all’80% dei 1.800 disponibili, ossia potenzialmente rimborsabili, contro una media italiana del 40%. “Un risultato importante, determinato soprattutto dalla decisione della Regione di rendere gratuiti fin dal 2019 per tutte le pazienti questi test che possono evitare fino al 75% delle chemioterapie inutili dopo un primo intervento chirurgico”. Lo hanno sottolineato gli esperti intervenuti a Milano al convegno ‘Oncotype DX Test: un punto fermo nell’evoluzione del sistema sanitario’, che si è svolto nella sede regionale alla presenza di medici e associazioni pazienti. Forte di questi risultati, secondo gli specialisti la Lombardia può rappresentare “un esempio virtuoso per le altre Regioni”.
“I dati relativi alla prima Regione d’Italia per popolazione sono davvero molto interessanti – afferma Giancarlo Pruneri, direttore del Dipartimento di Patologia della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano – La scelta di una terapia adiuvante appropriata, per il trattamento e la cura del carcinoma mammario Hr-positivo in stadio precoce e a rischio intermedio, è una sfida particolarmente difficile. Noi anatomo-patologi con il nostro contributo possiamo aiutare il team multidisciplinare a scegliere la cura migliore possibile e che presenta minori effetti collaterali. I tradizionali parametri clinico-patologici non sempre si rilevano adeguati per identificare quelle donne che possono realmente beneficiare della chemioterapia. Adesso grazie ai test genomici abbiamo in nostro possesso uno strumento di lavoro efficace, affidabile e che presenta grandi benefici per tutti”.
“La Lombardia è stata la prima Regione del nostro Paese che ha rimborsato i test genomici, ben prima della creazione del Fondo nazionale istituto a fine 2020 – ricorda Daniele Generali, direttore della Struttura complessa multidisciplinare di Patologia mammaria e Ricerca traslazionale dell’Asst di Cremona – Si tratta di un esempio virtuoso di welfare regionale che va a impattare positivamente sulla vita di migliaia di donne e famiglie. I test genomici sono infatti in grado di meglio selezionare le cure da somministrare, dopo un primo intervento chirurgico. I farmaci vanno scelti in base alla garanzia che possano evitare una ricomparsa della malattia” e “la chemioterapia non è sempre necessaria: esiste una categoria di pazienti con tumore a rischio intermedio che possono ricorrere solo all’ormonoterapia”.
“Ottimizzare e personalizzare i trattamenti anticancro devono essere due delle nostre priorità – evidenzia Alberto Zambelli, professore associato di Oncologia medica all’Humanitas University alle porte di Milano – Con i test genomici possiamo ridurre fino al 75% il ricorso alla chemioterapia adiuvante, limitando così tossicità alle malate e costi per le terapie ai vari sistemi sanitari regionali. Nonostante questi dati importanti, l’utilizzo degli esami è ancora basso soprattutto in alcune regioni italiane”.
“In totale – rimarca l’esperto – sono oltre 10mila le pazienti in tutta la Penisola che potrebbero usufruire dei test, mentre attualmente ne sono stati svolti poco più di 4mila. Bisogna ricordare che il nostro sistema sanitario nazionale è arrivato in grande ritardo all’uso dei test genomici. Sono stati introdotti, in diversi Paesi occidentali, da oltre 10 anni. E’ arrivato il momento di incrementarne l’utilizzo anche in Italia, sempre nell’ambito della gestione multidisciplinare del tumore del seno”.
“In quest’ottica – aggiunge Zambelli – bisogna ottimizzare l’utilizzo dei test per evitare un’attesa troppo lunga alle donne. Per far arrivare tempestivamente l’esito dell’esame è possibile ricorrere a soluzioni e procedure in grado di accelerare i tempi di attesa. E’ il caso della richiesta standardizzata, o reflex, del test genomico, che va svolta quando ne ricorrono le indicazioni e in accordo al giudizio multidisciplinare”.