Milano, 29 mar. (Adnkronos Salute) – L’Organizzazione mondiale della sanità commemora oggi il 20esimo anniversario della morte in un ospedale di Bangkok, Thailandia, del medico e microbiologo italiano Carlo Urbani, ‘camice eroe’ che contribuì a vincere la pandemia di Sars e ne rimase vittima ‘sul campo’ il 29 marzo 2003.
Quello stesso anno Urbani fu “il primo a identificare la sindrome respiratoria acuta grave, un’infezione altamente trasmissibile, letale e all’epoca sconosciuta”, ricorda l’Oms che, proprio per onorarne il ricordo, nel suo periodico briefing per la stampa ospiterà questo pomeriggio Tommaso Urbani, figlio di Carlo, attivista impegnato sul fronte umanitario. Carlo Urbani “ha convinto con successo le autorità del Vietnam” dove lavorava per l’Oms “ad adottare misure di sicurezza straordinarie, tra cui l’isolamento di casi sospetti, l’uso di protezioni da parte del personale sanitario e altri interventi che, con il coordinamento dell’Oms, sono stati estesi alla regione, rallentando così il ritmo dell’epidemia nella sua fase iniziale”. Anche grazie a lui, dunque, “il 5 luglio 2003 l’Oms dichiarò che la Sars era stata contenuta con successo”.
Nato nel 1956 a Castelplanio (Ancona), cresciuto in una zona rurale nel centro delle Marche, Urbani diventò medico e “nel 2000, dopo una lunga esperienza come clinico nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Macerata e un periodo in Cambogia con Medici senza frontiere, è entrato a far parte dell’ufficio Oms in Vietnam come responsabile del controllo delle malattie tropicali e malattie parassitarie nella grande regione del Mekong”, ricostruisce l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute. Lì condusse “un lavoro pionieristico di mappatura e controllo della Schistosomiasi mekongi, patologia tropicale negletta allora altamente endemica nei villaggi lungo il fiume Mekong, tra Laos e Cambogia”. Successivamente, “a fine febbraio 2003 gli fu chiesto di visitare il primo malato di Sars identificato in Vietnam, ricoverato all’ospedale francese di Hanoi”.
Carlo Urbani “riconobbe immediatamente la potenziale minaccia rappresentata dall’infezione respiratoria altamente trasmissibile, letale e all’epoca sconosciuta”, ricorda l’Oms. Ecco perché “lavorò instancabilmente per convincere le autorità sanitarie locali della necessità di adottare misure di sicurezza eccezionali”, avviate in Vietnam e poi allargate ai Paesi vicini. “Mentre il virus era ancora in fase di identificazione e le misure di contenimento venivano intensificate, Carlo purtroppo contrasse la Sars e le sue condizioni peggiorarono rapidamente. Morì poche settimane dopo, dopo essere stato ricoverato in ospedale a Bangkok”.
Nel 2018 Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, svelò una targa in memoria di Urbani presso la sede centrale dell’agenzia a Ginevra. Nel testo si celebra il medico italiano per aver “agito nella migliore tradizione dell’Organizzazione mondiale della sanità”, da “esempio ispiratore per tutti coloro che cercano servire l’umanità come professionisti della salute pubblica”.
Commenta oggi Ibrahima Socé Fall, direttore del Programma globale Oms per le malattie tropicali trascurate: “Covid-19 ci ha mostrato fin troppo chiaramente il debito incalcolabile che abbiamo nei confronti di funzionari di sanità pubblica dediti, coraggiosi e perspicaci, davanti a malattie nuove e in rapida diffusione. Carlo Urbani incarnava gli ideali del servizio pubblico. I suoi precoci e appassionati avvertimenti sulla Sars hanno salvato innumerevoli vite ed è giusto che riconosciamo e ricordiamo il suo sacrificio, così come è giusto che mostriamo gratitudine e rispetto per il coraggio e l’impegno di tutti gli operatori della sanità pubblica, che rischiano la propria vita per il bene della nostra famiglia mondiale”.