Padova, 9 mar. (Adnkronos Salute) – “Sapendo dell’esistenza di un vaccino anti Herpes Zoster ricombinante e adiuvato che, negli over 65 riduce il rischio di reattivazione del 90%, abbiamo pensato di proporlo, a giugno 2022, anche ai circa 200 pazienti emodializzati dei nostri centri. Il 70% ha aderito. Nessuno di questi, ad oggi, ha manifestato l’infezione, nonostante 1 su 5, in questa popolazione sia a rischio di svilupparla. Per il profilo di efficacia e sicurezza, l’abbiamo somministrato anche in chi l’aveva già avuta, per evitare nuove recidive della malattia nota anche come Fuoco di Sant’Antonio. In molti, l’abbiamo co-somministrato insieme all’antinfluenzale”. Così Giuseppe Scaparrotta, referente per l’Emodialisi Uoc Nefrologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova, diretta da Lorenzo Calò, in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra il 9 marzo.
“L’Herpes Zoster – ricorda Scaparrotta all’Adnkronos Salute – è un’infezione virale che si contrae nell’infanzia, con la varicella, e che si può manifestare negli anni. Si presenta con un’eruzione cutanea, con vescicole in varie parti del corpo, lungo le terminazioni nervose. Può durare 2-4 settimane. In 1 caso su 5 persiste per lungo tempo con una nevralgia post-herpetica molto dolorosa e debilitante. Gli emodializzati, specie se in età avanzata – continua – hanno più probabilità di andare incontro a questa condizione, a causa dell’immunodepressione dovuta alla malattia renale. In questi pazienti, inoltre, non possono essere impiegati i farmaci antivirali indicati per l’infezione perché possono complicare il quadro clinico”.
Tra i primi ad applicare “la direttiva regionale del Veneto n. 1575 dell’11. 11. 2021 – che prevede vaccinazione anti Herpes Zoster in persone come età pari o superiore ai 50 anni, che l’abbiano già manifestata o meno, e negli over 18 che hanno un aumento del rischio dell’infezione, quindi anche per i pazienti emodializzati e quelli con insufficienza renale cronica – abbiamo proposto la vaccinazione – aggiunge il nefrologo – ai 195 pazienti dei nostri 3 centri. Ha aderito il 68%. Di questi, l’80% ha da 70 a 90 anni e sono proprio i più anziani quelli che hanno aderito di più”. Sulla durata della protezione, “che nella popolazione generale è, dopo 2 dosi, per almeno 3 anni, faremo delle verifiche, dei dosaggi degli anticorpi nel primo anno di somministrazione”.
Fondamentale “l’ottimo rapporto con il paziente. Siamo i medici di riferimento per chi è in dialisi – sottolinea Scaparrotta – praticamente li vediamo 3 volte alla settimana, 2 volte nelle sedi semiasistite, dove ci sono pazienti più giovani e meno complicati e dove c’è stata anche una minore adesione”. Per ottenere il consenso informato “abbiamo lavorato sulla scia dell’anti-Covid – aggiunge – abbiamo fatto le 4 dosi al centro dialisi e abbiamo continuato con l’informazione sulla necessità di altre vaccinazioni. Oltre a quella per epatite B e influenza, abbiamo fornito anche quella per l’Herpes Zoster”.
Tra i dubbi e i motivi di preoccupazione e di resistenza al vaccino spicca “la paura di effetti collaterali pesanti, come febbre alta, malessere generale – precisa il nefrologo – ma quando abbiamo fatto capire che sarebbero stati a lievi, soprattutto rispetto alla nevralgia, 8 su 10 degli over 70 ha aderito. In realtà noi abbiamo registrato solo in alcuni vaccinati dolore nel sito di iniezione e cefalea. Avendo visto e toccato con mano la sofferenza dei pazienti quando sono colpiti da questo virus – ricorda Scaparrotta – abbiamo lavorato con gli operatori sanitari e fatto colloqui individuali, convocato caregiver familiari o il personale delle strutture dove vivono queste persone. Ci vuole il tempo per spiegare bene ogni cosa, ascoltare e rispondere ai dubbi. Il vaccino si fa in 30 secondi – conclude Scaparrotta – il consenso in un minuto, i colloqui anche 20-30 minuti”.