Roma, 21 mar. (Adnkronos Salute) – “Sarà l’Oms a decretare la fine biologica della pandemia da Covid-19, poiché si tratta di un fenomeno globale e non nazionale. In Italia, comunque, possiamo parlare di fine sociale della pandemia: la situazione delle varianti è sotto controllo, l’incidenza dei casi è molto bassa e abbiamo una immunizzazione molto alta. In tanti si sono sottoposti ai vaccini anti-Covid e hanno avuto l’infezione. Spero che l’Organizzazione mondiale della sanità riunisca nelle prossime settimane la commissione che potrebbe esprimersi sulla fine dell’emergenza sanitaria”. Così il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, a margine dell’incontro ‘Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità’, che si svolge questa mattina a Roma presso il ministero della Salute, promosso da Adnkronos con Senior Italia Federanziani, Federsanità, Anci e realizzato in collaborazione con FB&Associati e con il contributo non condizionante di Gsk.
“Portare le fasce più adulte della popolazione alla vaccinazione non è facile. Il problema maggiore per gli anziani è la cosiddetta ‘triade maledetta’ costituita da influenza, pneumococco e herpes Zoster” ha continuato il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute.
“Durante gli anni della pandemia – sottolinea Rezza – c’è stato un problema di coperture vaccinali non ideali. Per quanto riguarda l’influenza, il primo anno pandemico ha visto addirittura un aumento del numero dei vaccinati solo perché non era ancora disponibile il vaccino contro il Covid e quindi c’è stata una corsa a vaccinarsi nei confronti dell’influenza. Per la prima volta gli anziani hanno raggiunto delle coperture rilevanti. Dopo, invece, abbiamo assistito ad un crollo anche nelle coperture dell’antinfluenzale”.
“Per quanto riguarda i vaccini anti-pneumococco e anti-herpes Zoster – sottolinea Rezza – sappiamo che per il primo le cose non vanno particolarmente male, mentre per l’anti-herpes Zoster le coperture sono del tutto insufficienti. È vero che il noto ‘fuoco di Sant’Antonio’ non è una patologia letale e che la percezione del rischio è bassa, ma è una malattia molto fastidiosa per cui bisogna in qualche modo agire per aumentare le coperture e stimolare i cittadini a vaccinarsi, ovviamente su base volontaria. E questo è possibile farlo – conclude – coinvolgendo di più i medici di medicina generale ma anche gli specialisti che hanno in cura persone anziane, soggetti fragili e immunodepressi”.