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Sanità, Bassetti: “contro West Nile investire di più e non fare terrorismo”

Milano, 18 lug. (Adnkronos Salute)() – “Nel 2017-2018, quando facevo il primario a Udine, ho avuto moltissimi casi di forme di malattia da West Nile, virus del Nilo Occidentale. Dobbiamo dire che nella stragrande maggioranza dei casi è un’infezione che si autolimita. E’ un virus che è arrivato da noi ormai da parecchi anni. Sicuramente bisognerebbe investire maggiormente per la disinfestazione delle zanzare e per i controlli. Oggi ormai questo è un rischio presente. Peraltro, ci sono stati centinaia di casi negli anni 2017 e 2018 e nessuno ne aveva parlato. Evitiamo quindi di fare anche qui del terrorismo”. E’ la riflessione di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, che commenta così all’Adnkronos Salute le notizie sui primi casi rilevati in Veneto, tra cui un anziano che è deceduto.

Il virus West Nile “è trasmesso da una zanzara di quelle normali, la zanzara Culex è la tipica”, il vettore più comune. “E’ un virus che è endemico, e lo sappiamo – ripete l’esperto – in alcune aree del nostro Paese maggiormente che in altre: parliamo del Friuli Venezia Giulia, del Veneto, del Trentino Alto Adige, magari si espande anche a zone della Lombardia e dell’Emilia Romagna. Se ci fosse un rimedio, sarebbe giusto parlare alla gente dicendo di andare a fare il vaccino o quant’altro. Ma così si finisce per fare del terrorismo. Si dice: se ti punge la zanzara ti può venire la meningite e se hai 80 anni puoi morire. Ma sapete quanti sono i microrganismi trasmessi dalle zanzare, dalle zecche, da molteplici vettori che possono causare delle forme di meningoencefalite?”.

Per Bassetti “non è così che ci si deve porre nei confronti della gente. La cosa che si può fare è dire che bisogna in qualche modo investire per fare una maggiore disinfestazione per esempio delle zanzare, anche se bisognerebbe farla un po’ prima. Adesso forse è un po’ tardi, andava fatta forse a maggio-giugno”. In ogni caso quello che si deve evitare, conclude l’infettivologo, è chiaro: “Non” bisogna “allarmare le persone”.