Milano, 1 mar. (Adnkronos Salute) – “Sebbene l’obesità sia stata riconosciuta come malattia, ad oggi” in Italia “il numero dei centri pubblici per la prevenzione e trattamento dei pazienti obesi è ancora insufficiente”. Una “carenza di strutture e di specialisti” che “si ripercuote sulle liste d’attesa”. Lo segnala l’Adi, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, in vista della Giornata mondiale dell’obesità che si celebra il 4 marzo.
“Su oltre 700 strutture ospedaliere italiane, circa 20 hanno delle Unità operative complesse (Uoc) di Nutrizione clinica, quasi 100 hanno Strutture semplici autonome (Uosa), mentre il resto viene gestito da centri di dietetica con soli dietisti e pochissimi medici specializzati in nutrizione clinica. C’è da considerare, inoltre, che le poche strutture dedicate all’obesità non sempre garantiscono la presa in carico totale del paziente in quanto non organizzate in team multidisciplinari, per via anche della carenza di specialisti”. Questa la fotografia scattata dall’Adi in occasione della conferenza istituzionale del World Obesity Day 2023, oggi a Roma al ministero della Salute.
Barbara Paolini, presidente dell’Adi, evidenzia l’impatto di questa situazione “su liste di attesa lunghe che portano i pazienti a orientarsi, per chi ne ha possibilità, verso strutture private o liberi professionisti che il più delle volte non riescono a fare una valutazione globale di una patologia così complessa”. Ma la carenza di centri pubblici e specialisti “incide inevitabilmente anche sulla qualità della diagnosi – precisa Paolini – Un paziente che viene ricoverato per complicanze legate all’obesità molto spesso non viene valutato per la patologia di base. Raramente viene effettuato lo screening di valutazione del rischio nutrizionale, come previsto dalle linee guida ministeriali del 2011. Il peso non viene rilevato o spesso è un peso riferito dal paziente stesso, anche per la mancanza di lettini o strumentazioni diagnostiche adeguate alle dimensioni, compresi i semplici ausili medici”.
Rispetto ai trattamenti ospedalieri, gli esperti Adi rimarcano che “ad oggi solo la chirurgia bariatrica rientra tra quelli rimborsati dallo Stato, ma non nel Pne (Programma nazionale esiti) gestito dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali” Agenas, “un registro dove vengono inserite le informazioni relative agli interventi di ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati, per patologie riguardanti la chirurgia generale o la chirurgia oncologica”. Per Paolini, invece, “l’inserimento degli esiti di chirurgia bariatrica nel registro del Pne consentirebbe ai pazienti di avere una fotografia istantanea non solo delle strutture e del numero di interventi, ma soprattutto delle complicanze maggiori che sono senza dubbio un problema sottostimato, ma anche sulle riammissioni in ospedale dei pazienti operati e sui reinterventi a 30 giorni dalla procedura primaria”.
Una diagnosi corretta e un trattamento efficace dei pazienti con obesità passano secondo l’Adi “anche da un approccio multidisciplinare e dall’utilizzo di termini e immagini appropriati nella descrizione della patologia”. Dice Maria Grazia Carbonelli, vicesegretario Adi e coordinatore per Adi del Gruppo di studio Grave obesità: “Affrontare l’obesità quale patologia significa lavorare in maniera multidisciplinare e multiprofessionale con tutte le figure che se ne occupano, dalla sensibilizzazione al problema fino al trattamento della malattia stessa. E’ inoltre necessaria la stesura e l’adozione, nonché il periodico perfezionamento, di Linee guida diagnostico terapeutiche con la creazione di percorsi dedicati alla malattia e l’individuazione di centri accreditati alla gestione della malattia stessa. Solo affrontando la patologia a più livelli possiamo rendere omogenea l’assistenza sanitaria e abbattere le barriere dei sensi di colpa e dei pregiudizi socioculturali”.
“Molto spesso il paziente viene considerato il solo colpevole della sua patologia sia dalla società e anche dagli operatori sanitari – conclude Carmela Bagnato, segretario Adi – Una colpevolizzazione che può avere un impatto negativo sulla salute fisica, psicologica e sociale di pazienti che spesso appartengono a categorie fragili sia da un punto di vista economico che di istruzione. E’ necessario che le istituzioni, l’opinione pubblica e gli stessi operatori sanitari adeguino il linguaggio e le immagini utilizzati sull’obesità descrivendola in modo corretto e accurato, trattandola per quello che è: una malattia e non un problema estetico”.