Roma, 22 mar. (Adnkronos Salute) – L’Italia “continua a rientrare tra i Paesi a bassa incidenza di tubercolosi” (meno di 20 casi su 100mila abitanti) e i casi “sono in calo dal 2010”, ma la Società italiana d’Igiene (Siti), in occasione della Giornata mondiale della tubercolosi (Tbc) che si celebrerà il 24 marzo, sottolinea “l’importanza di individuare precocemente, già in età scolare, i casi di infezione anche nella popolazione per garantire un trattamento efficace e, allo stesso tempo, la tutela della salute dei pazienti”. Gli igienisti ricordano anche come “il nostro Paese è stato interessato e continua ad essere colpito sempre più intensamente da flussi migratori provenienti da Paesi in cui l’incidenza di tubercolosi è elevata. Le condizioni – avvertono – di sovraffollamento che possono verificarsi sia durante il viaggio che nei centri di accoglienza gravano sullo stato di salute dei migranti, facilitando la trasmissione del micobatterio”.
“Dal momento che la maggior parte dei casi di malattia si verifica entro 2 anni dall’ingresso nel Paese ospitante e che la differenza nel rischio relativo tra stranieri e italiani è ancora evidente (Rr=6,7), il contrasto alla diffusione della tubercolosi deve necessariamente passare attraverso una serie di interventi strutturati e coordinati in modo da ridurre il rischio di diffusione di questo pericoloso patogeno”, ricorda la Siti, che rilancia rinnova la strategia ‘Yes! We can end Tb’, con l’obiettivo di porre globalmente fine alle epidemie di tubercolosi entro il 2030, così come espresso negli Obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu.
“L’individuazione precoce dei casi di infezione – afferma Roberta Siliquini, presidente della Società italiana d’Igiene – è necessaria per garantire l’accesso ad un trattamento precoce in grado di garantire una maggiore efficacia e la tutela della salute dei pazienti. Occorre agire sulle condizioni di salute delle persone che giungono nel nostro Paese, sia tramite l’abbattimento delle barriere socio-linguistiche che attraverso l’attuazione di protocolli per la valutazione precoce dello stato di salute e per il monitoraggio nelle fasi successive all’accoglienza. È opportuno, inoltre, uno sforzo in maggiori investimenti nei Dipartimenti di Prevenzione, anche in termini di reclutamento di risorse umane, come in parte previsto dal piano di rafforzamento dell’assistenza territoriale, che possano svolgere un ruolo di coordinamento al fine di attuare una ricerca proattiva dei casi di Tbc, avvalendosi dell’ausilio della Medicina scolastica, deputata alla prevenzione delle patologie in età scolare”.
“La continua ricerca verso l’individuazione di ‘buone pratiche’ – conclude Roberta Siliquini – deve tuttavia abbracciare anche patologie ben note e non più definibili come emergenti quali malaria, malattie sessualmente trasmissibili, parassitosi e Hiv. Patologie che, negli ultimi anni, complice un plateau temporale nella loro prevalenza, hanno assottigliato il loro appeal verso gli investimenti in Ricerca, nonostante continuino a determinare un importante impiego dei servizi sanitari e aggravare il peso della multiresistenza farmacologica, con un inevitabile impatto sulle condizioni di salute della popolazione”.
Quest’anno il World Tb Day ha l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni leader dei settori coinvolti nella lotta alla tubercolosi, ma anche gli enti e gli operatori sanitari del territorio a collaborare attivamente al fine di arrestare la malattia e ridurre il numero di decessi. L’invito esorta non solo al confronto e allo scambio di ‘best practices’ tra gli Stati membri, ma anche all’investimento sulla ricerca e sulle innovazioni che permettano di perseguire gli obiettivi prefissati dall’Organizzazione mondiale della sanità, tra cui l’accesso ad una nuova diagnosi molecolare rapida, lo sviluppo di nuovi vaccini e l’introduzione di nuovi (e più brevi) regimi terapeutici contro la tubercolosi resistente ai farmaci.