Il prof. Francesco Cognetti, presidente Fondazione “Insieme contro il Cancro”: “Vogliamo superare le barriere linguistiche. Le pubblicazioni (fumo, alcol, alimentazione e screening) saranno distribuite attraverso gli ospedali, le organizzazioni di volontariato, le ambasciate e i medici di famiglia”.
Fra i testimonial Paola Perego, Amadeus, Bonolis, Renzo Arbore, Francesco Totti e Antonello Venditti. Le barriere linguistiche ostacolano l’accesso alle cure e agli strumenti di prevenzione per gli stranieri che risiedono in Italia. Il 13,8% degli over 14 ha difficoltà nello spiegare in italiano i disturbi o i sintomi di cui soffre e il 14,9% nel comprendere ciò che il medico dice. Con gravi conseguenze, visto che arrivano in ritardo alla diagnosi di tumore, anche un anno dopo rispetto agli italiani. Perché il 51% degli stranieri segue uno stile di vita scorretto e non si sottopone agli esami di screening.
“Meno del 50% delle donne immigrate nella fascia d’età raccomandata – sottolinea il prof.Francesco Cognetti, presidente della Fondazione ‘Insieme contro il Cancro’ – si sottopone a pap-test per scoprire in modo precoce il tumore della cervice uterina, contro il 72% delle italiane. Il 43% (vs 73%) effettua regolarmente la mammografia e solo il 20,7% (vs 47%) esegue l’esame del sangue occulto nelle feci, consigliato per individuare il cancro del colon-retto. Come evidenziato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), anche nei Paesi occidentali permangono grandi diseguaglianze sociali che esercitano un impatto sull’incidenza, sulla mortalità e sulla sopravvivenza. In particolare si registrano percentuali di rischio maggiori fra le persone in condizioni di disagio socio-economico per il tumore del polmone, dello stomaco, del tratto digestivo superiore e della cervice uterina.” La difficoltà di comunicazione diventa un vero e proprio ostacolo per un quarto degli immigrati di 55 anni e oltre (25% sul piano dell’espressione e 26,4% su quello della comprensione). Inoltre la permanenza nel nostro Paese non migliora in maniera sostanziale le capacità di comunicazione: a distanza di più di un decennio dall’ingresso in Italia il 10,7% dei cittadini stranieri deve affrontare ancora problemi linguistici nell’interagire con il personale medico. “Per abbattere questi ostacoli – spiega il prof. Cognetti – abbiamo realizzato quattro opuscoli sulla prevenzione oncologica (fumo, alcol, alimentazione e screening) in sette lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, filippino, cinese e arabo). Saranno distribuiti in modo capillare attraverso gli ospedali, le organizzazioni di volontariato, le ambasciate e i medici di famiglia. Il 40% dei tumori può essere evitato seguendo uno stile di vita corretto. È inoltre dimostrato che le campagne di sensibilizzazione sui pericoli del fumo riducono fino al 65% le differenze di incidenza del cancro del polmone legate al livello di istruzione.”
“Non esistono dati epidemiologici precisi sulle patologie neoplastiche negli immigrati – sottolinea il prof. Aldo Morrone, Direttore Generale Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni migranti (INMP) -. In passato non si registravano casi di tumore in queste comunità, perché non venivano cercati. Si partiva dal presupposto sbagliato che quella dei migranti fosse una popolazione giovane e sana. Vanno sostenute con forza le campagne che promuovono la salute e la dignità delle persone non solo nei Paesi poveri del mondo ma anche in Italia, dove la condizioni di indigenza sempre più diffuse espongono al rischio di gravi malattie come i tumori”. Le barriere linguistiche rendono difficile la conoscenza delle regole di prevenzione non solo primaria (rivolta alle persone sane sugli stili di vita corretti), ma anche secondaria (relativa agli screening). Come evidenziano dati nazionali e internazionali, nei Paesi a sviluppo avanzato gli immigrati hanno minore accesso ai programmi di screening per numerose neoplasie rispetto alle popolazioni autoctone. In particolare, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità circa l’80% dell’incidenza complessiva del tumore della cervice uterina è a carico dei Paesi in via di sviluppo. “In alcune aree geografiche (Africa, Centro e Sud-America, molte regioni asiatiche ed Europa dell’Est) – conclude il prof. Piersandro Tagliaferri, membro del direttivo AIOM – vi sono grandi difficoltà nella pianificazione di screening preventivi nei confronti dei tumori genitali femminili. Le donne che provengono da queste zone, una volta migrate in Paesi a più elevato tenore socio-culturale, sono spesso escluse da progetti di prevenzione, rimanendo così ad altissimo rischio di sviluppo della neoplasia come nel Paese di provenienza”.