Un’indagine realizzata dall’Istituto di ricerca Demoskopea, per conto del Centro Studi Mundipharma, ha cercato di porre in evidenza la dimensione del problema “dolore” negli ultra 60enni, il suo impatto sulla loro qualità di vita, verificando se e in che modo la patologia dolorosa venga trattata.La ricerca, effettuata nel mese di Ottobre 2012, è stata condotta attraverso interviste telefoniche su un campione di 407 individui rappresentativi dell’universo di anziani over 60 anni (età media 69 anni), di cui 45% uomini e 55% donne.Dai risultati della survey risulta che circa 3/4 degli anziani (74%) soffrono di dolore cronico, che perdura, nell’85% dei casi, da oltre un anno.In media, ciascun malato lamenta più di una patologia dolorosa, soprattutto di natura non oncologica: le più diffuse sono l’artrosi (38%), il mal di schiena (36%), la cervicale (21%), l’artrite (13%) e il mal di testa (10%).
Nel 55% dei casi il dolore è d’intensità moderata ma per circa 1 anziano su 3, in particolare nella fascia d’età 70-80 anni, l’intensità diventa severa.
Poco meno della metà dei sofferenti (45%) dichiara che la sofferenza impatta sulla propria vita: un dato che, in presenza di dolore severo, sale al 79% (per il 63% il dolore limita solo in parte le sue attività, mentre per il 19% è completamente invalidante).
I principali referenti con cui la popolazione della terza età parla di dolore sono i medici di medicina generale (78%) e gli specialisti della malattia riscontrata (46%): decisamente marginale la presenza dei terapisti del dolore, consultati solo nel 6% dei casi.
Se da un lato, la ricerca rileva una complessiva soddisfazione da parte dei pazienti nei confronti del proprio medico, soprattutto grazie al suo atteggiamento di ascolto, dall’altro, si evidenzia come solo il 30% dei dottori spieghi come affrontare il dolore, mentre il 20% tende addirittura a minimizzarlo, anche di fronte ad una patologia dolorosa di intensità severa.
In realtà, l’attività del medico sembra poco orientata ad un effettivo intervento; solo il 34%, infatti, misura l’intensità del dolore (il 15% con regolarità), e, tra coloro che effettuano la misurazione, solo un 20% utilizza scale validate, mentre la maggior parte si basa sul racconto del proprio assistito.
Di fatto, quest’ultimo tipo di approccio sembra sottostimare notevolmente la portata del problema; riclassificando, infatti, l’intensità del dolore su scala NRS, rispetto a quanto dichiarato dai pazienti, si osserva che la fascia di coloro che soffrono di dolore severo passa da un 30% a oltre un 50%.
Nonostante questo scenario, il problema non viene affrontato in maniera adeguata: circa il 60% degli anziani sofferenti di dolore cronico, infatti, non segue una terapia farmacologica. Il 36% dichiara di utilizzare farmaci solo nel momento del bisogno, il 33% preferisce aspettare che il dolore passi da solo, mentre il 25% degli intervistati ricorre a metodi alternativi, quali la fisioterapia, i massaggi ecc.
Tra le terapie utilizzate, si rileva un elevato ricorso a FANS e Coxib, che vengono impiegati dai medici nel 70% dei casi con punte del 75% nel Sud Italia: 7 volte su 10 la terapia viene prescritta per la prima volta dal medico di medicina generale. Il ricorso agli oppioidi riguarda solo il 6% dei trattamenti e si tratta per la totalità di oppioidi deboli, da soli o in associazione a paracetamolo.
I 3/4 dei pazienti dichiarano di assumere FANS a scopo antalgico da oltre 1 anno, dato che raggiunge addirittura l’80% di coloro che utilizzano Nimesulide.
L’impiego di Fans comporta importanti conseguenze: quasi la metà degli anziani assume gastroprotettori e circa il 50% soffre di attacchi/episodi di dolore intenso, evidentemente perché il dolore non risulta controllato in maniera adeguata.
Ma qual è il livello d’informazione sul dolore e sui farmaci oppioidi tra i pazienti della terza età?
Oltre al medico di medicina generale e allo specialista, 4 intervistati su 10 ricorrono ad altre fonti informative sul tema dolore: in particolare, cercano il confronto con parenti, amici o altre persone nella medesima condizione.
Per quanto riguarda, invece, i farmaci oppioidi, solo 1 paziente su 10 afferma di conoscerli (1 su 5 ritiene che siano medicinali da utilizzare solo in casi estremi). Ne sono venuti a conoscenza soprattutto attraverso i principali mezzi d’informazione come radio, televisione e giornali (61%), mentre solo nel 19% dei casi ne hanno sentito parlare dalla classe medica.